lunedì 19 ottobre 2009

saghe paesane senza costrutto

complice il primo freddo, molti tra i miei amici hanno dormito pesantemente questo we. e così la saga paesana è passata senza fare danni, tra l'indifferenza che merita. i celti insubri sono incapaci di festa collettiva, per loro si tratta essenzialmente di una faccenda privata, che sopravvive nonostante generazioni di sensi di colpa di predestinati al calvinismo, di candidati vincitori alla parabola dei talenti, da giustificare innanzitutto a se stessi. di fronte a tutta questa accidia mia madre avrebbe reagito ricamando compulsivamente un'altra tovaglia, io non sono capace di nulla, mi abbandono al culto dei ricordi, solo vissuti in terza persona, per non esserne piú protagonista. non c'è lieto fine, nemmeno consolazione, solo il freddo che avanza e tu che non sai piú come opporgli rimedio. gli uccelli sono già andati via, e io rimango solo a custodirne l'inutile memoria.

nulla da fare
contro il freddo che scende
note solenni
da colonna sonora
di tristezza composta

vita sospesa
sul filo tra l'essere
ed il nulla, che
cerca solo quiete
e ricordi virati

verso colori
smorzati, senza forza,
senza passione.

fuori, uccelli
scappati: non è tempo,
non è il caso.

- obedience and protection are relative (l'ha detto hobbes, c'è da credergli)

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