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venerdì 2 ottobre 2009

nubi di oggi sul nostro domani

talvolta mi chiedo, al di là della civile testimonianza di sdegno a fronte di tutto questo assurdo, a cosa serva tutto questo argomentare appassionato.
eppure i presenti e presumibilmente anche la generazione in fieri sono ormai compromessi, soggiogate al velinismo ed al culto delle efimeràs emocionès.
se il globale è triste, il locale non è allegro - nei suoi cortesi cialtrobaudismi - ed inizio a pensare che dopo la tempesta l'unica quiete che mi aspetta sia quella definitiva.

rivo strozzato:
dalla fonte d'ingegno
nessun segnale.
morta, l'ispirazione;
oppur fugge sdegnata.

buffa la saga
del gretto conformismo
e ben servile.
liberi tutti, sì: ma
di recitar spartito.

resta il silenzio,
la vile alternativa,
pavido bardo.

solo la canna,
piegandosi umilmente,
passa tempesta.

mercoledì 23 settembre 2009

rappresentazione di nulla

il vostro nightly pathfinder è ridotto ad aspettare che la notte passi, ed è congruo contrappasso. nel frattempo, il nulla: sia come volontà che come rappresentazione.

rumori, fuori
sul ballatoio triste
giù per le scale,
sento, corrono passi
gente, non m'interessa.

buio totale, e
fuori, come di dentro,
le luci spente.
perso il sentimento,
disperazione resta.

tutto appare
nella sua vera essenza
d'irrilevanza.

rendiamo omaggio,
la statua, smarrimento:
nera, la notte.

comprensione del senso comune

l'arneis di matteo correggia davvero è interpretazione severa del prezioso vitigno, dove a differenza il pradalupo di fontanafredda schiatta ne è gaja et festosa epifanìa. ad ogni modo dopo tre bicchieri il traguardo è raggiunto: è l'altro-da-sè, e la provvisoria ma felice caduta di quel ritegno che in insubria degenera pericolosamente verso olindo, mentre qui tristemente si manifesta nella cialtrobauda falsocortesia. al solito la lettera ci precede, mentre l'etilico stordimento permette all'appercezione di portare nuova linfa alle mondane concettualizzazione. noè come ti capisco: stasera il solipsismo - ontologico parapiglia - annega felice nella bottiglia, e lasci spazio alla fenomenologica illusoria comprensione del senso comune.

prode gurdulù,
eroe temerario
dell'altro-da-sè.
compartecipazione,
rischi d'esperimento.

gara di buona
fede nella realtà,
senso comune.
sospensione del solo
principio di saggezza:

il solipsismo,
arte, eletta a scienza,
messa da parte.

ricerca folle,
ma pregna di ritorni
d'altrui sentire.

ennesima inutile serata

amici cari, il gianfranzo conte prigioniero ricorre al vostro caro ricordo per affrontare l'ennesima inutile serata in questa denegata landa maledetta. anche oggi l'ingiuria subita è stata assai grave, e davvero come prometeo assisto attonito allo strazio di me stesso, della mia dignità di essere raziocinante, ad espiazione di un qualche atto di hybris la cui necessità filosoofica evidentemente mi precede e parimenti mi è ignota. affronto tutto questo con la calma sofferta del filosofo dagli occhiali rossi, come se questo torto subìto potesse essere eletto a paradigma di ingiustizia universale.


mesto, l'esilio,
e senza vigilia di
liberazione.
dalla finestra solo
un cielo grigio su

questa spettrale
città di vita vile,
gente negletta.
porto nel cuore voci
di ben altra dignità,

mentre qui intorno
vedo nera vergogna
seguir menzogna

nella vanesia
passeggiata del centro,
sordida ancella.

lunedì 21 settembre 2009

folle certamen

adesso, novello giorgione orwell, affronto il nonsenso con le poche armi che la sorte mi da disposto: l'immaginazione, la passione per la dialettica eristica, due rotelle, a compensare quelle che ho perso per strada. anche questa settimana accumulo punti sulla mia stupidity facendo spesa al gran bazar cialtrobaudo: e non c'è la convenienza, e non c'è l'ampio parcheggio e non si vedono manco le belle cassiere.

siatemi testimoni, il mio certamen in fondo è sublimata allegoria del vostro.

fante gallese
votato al sacrificio,
suo malgrado.
estro, mobilitato
dalle due rotelle.

scalcia impazzito,
assieme alla strada,
le sue paure.
le fugge via, come
bestia innanzi al fuoco.

adesso zitti
e state a guardare,
tenendo il fiato,

il suo certamen,
la sua folle corsa
verso il nulla.

domenica 20 settembre 2009

profilassi tramite monopattino

domani addì 21.09.2009 alle ore 18:30 CET in piazza san carlo, io sottoscritto noto anche come conte gianfranzo, dotato di acconcio, apotropaico monopattino, intraprenderò temerario et immaginifico atto di resipiscenza operosa a profilassi di indemoniata plaza cialtrobauda.

effettuerò quindi numero 3 (tre) giri di vergognoso porticato - incompleto del quarto lato a guìsa di demoniaca pignatta - recitando opportuno esorcismo (versione breve).

è quindi oggi giornata di preparazione. e faccio mia la risoluzione del prence il Condé prima della giornata di Rocroi: dormirò profondamente.

monopattino,
sagace redenzione
del lesto fante.
passo veloce e spinta,
guizzo fiero e vivace.

piazza malata
d'assoluta acrimonia,
perfidia mater.
contagio esiziale di
scellerata pochezza.

serve scongiuro
con immaginifico
slancio di vita,

tre giri soli
metafora di palio,
a profilassi.

davvero le incursioni televisive del paolini non sono degne della polvere che il mio monopattino alzerà passando indòmito sulle strade della denegata landa maledetta.

giovedì 17 settembre 2009

cortesia, virtù cardinale cinese

il filosofo ci precede, e ci illumina a proposito della cortesia, tipica virtù cardinale cinese. essa è tacito accordo di ignorare reciprocamente la miserabile qualità morale ed intellettuale, e di non rinfacciarsela a vicenda (schopenhauer, consigli sulla felicità).

davvero è prassi necessaria tra i cialtrobaudi, dove solo un sistematico esercizio collettivo, omerico conato di bispensiero impedisce si verifichì uno spontaneo autodafè collettivo, per l'insostenibile vergogna di riconoscersi nella troppa pochezza.

ma una volta scampati, è momento di letizia. troppa infatti è la mia gioia nella momentanea fuga dal cialtrobaudo pollaio, troppo il mio sollievo nel rivedere le felici colline d'insubria, troppa la mia serenità di reduce dal tartaro, dalla falsacortese geenna, qui dove l'hybrìs del genius loci, se tenuta opportunamente a freno, è garanzia di rinfrescante schiettezza.

almeno fino alla prossima settimana. almeno fino alla fine di questa sordida cattività in quella denegata landa maledetta.

amici, sembra
passata la tempesta,
pioggia furiosa.
tornato dal tartaro,
novello montecristo.

ma non ancora,
questa è sola licenza,
breve respiro.
ma tanto basta, oggi
concede lieto fine,

per questa volta
il male è minore,
si può reggere

ed attendere
riscatto, di prossima
resurrezione.

la casa che rende folli

la cattività cialtrobauda produce spunti esistenziali interessanti, se piace l'orrido vacuo intellettuale, se se ne gode del sistematico nonsenso. oggi, ad esempio, ho assistito spettatore terzo a baruffe degne dell'azzeccagarbugli, o meglio della casa che rende folli di gallica memoria. ma senza cervogia et cinghiale, per Toutatis.



qualche endecasillabo s'impone, di fronte a cotanto assurdo.

falsa, cortese cortigianeria
assunta a scellerata etichetta
conservi sigillo, tieni malìa
di denegata landa maledetta.

poi grazie al cielo torno alla mia cameretta, dove mi fingo ricreare una parvenza di clima domestico. ma senza speranza, per smarrirla nuovamente basta infatti guardare fuori dalla finestra, tutto quel grigio.

ritorno, stanco
di questo traccheggiare,
alla mia cella.
sulla strada procuro
generi di conforto.

serro la porta
dietro di me, guardingo.
metto in salvo
le timide derrate,
ne rinnovo dispensa.

dalla finestra
guercia sul ballatoio,
nessuna nuova.

cielo, che resti
grigio, senza speranza,
e maledetto.

mercoledì 16 settembre 2009

in mancanza di tubo catodico

la mancanza del tubo catodico mi ha regalato la riscoperta del filosofo, a spettro di caro abate faria. ho quindi assunto come mia una cosmogonica interpretazione di questo leviatanico contesto storico, assieme alla consolazione datami da un'etica esistenzialista di elogio dell'asocialità sciopenahueriana. manca solo una teoresi di finalismo, che continuo - senza apparente ragione - a vedere alla fine del nastro d'asfalto che corre dritto verso il blu. ma che soprattutto porta via, lontano da questa denegata terra maledetta.

se vedete in giro il dottor pangloss sputategli addosso, anche per conto mio.

la cella grigia
riflette questo cielo
stanco e fasullo.
leviatanica prassi
d'assoluto nonsenso.

trovo nel mero
dotto isolamento
qualche conforto.
con fatica, ma calma e
serena autocoscienza.

vedo la fine,
in fondo all'autostrada.
eccoti, mare.

senza motivo,
Pangloss, a la lanterne!
pure, speriamo.

il ricorso alla speranza, così come alla catalogna, permette di portare a musattico, pieno compimento la funzione digestiva. e tante altre cose, nel secondo caso. essa è segnale et pregna metafora di esistenza non-infelice. questa cesura di vita psichicamente corretta, assieme al suo trionfale compimento.

martedì 15 settembre 2009

il ritorno del leviatano

tutta questa moderna filosofia aziendale del pollaio cialtrobauda altro non è che l'ennesima vulgata, nemmeno quindi originale, di assolutistico, monarchico stile di dominio, senza nemmeno la temperanza portata dal filosofo.
il leviatano è tutto e solo quanto ci serve a descriverla, comprenderla, trarne opportune conclusioni; in attesa di nuovi stati generali, periodo del terrore, termidoro, nuovo uomo forte.
dinnanzi a me due gatti, divertenti istanze di sciroccati capibastone, ché non si vede volpe in questa denegata landa maledetta.

genere schiavo a
tutta la teoria
dell'obbedienza.
richiesta protezione
in cambio di libertà.

uomini lupi,
verso sopraffazione.
senza dignità.
naturale assenza
di stato naturale.

assoluto, di
burocratico stampo,
et militare.

guarita francia
resti ancora, malata
piaga sabauda.

giovedì 10 settembre 2009

il ritorno dell'occhiale rosso

i rossi occhiali del gianfranzo furioso son tornati alfine funzionanti. si dispieghi il gran pavese, si suonino trombe et buccine. ora el conde è in grado di percepir di nuovo il sabaudo regio pollaio con la pacata indulgenza che il saggio concede all'insipiente mentecatto ignato della sua meschina pochezza. oggi tornerò a cavalcare tra le verdi colline d'insubria: in attesa della prossima, pessuma avignone, davvero non è poco.

occhiali rossi,
orpello favorito,
oppure difesa.
oltraggio differito,
opportuna maschera.

dietro ad essi
passo sicuro questo
tempo sprecato,
questo vuoto trastullo,
finzione di cimento.

or mi sovvengo,
e riedo fischiando
alla magione.

dove bottiglia,
provvido stordimento
m'attende, fida.

mercoledì 9 settembre 2009

ausilio dal forno a microonde

adesso che, rinchiuso nel maledetto sabaudo pollaio, la sera non scende più a recarmi meritato riposo ma rappresenta solo mera occasione di triste rimpianto per la fortuna sprecata, davvero mi serve la forza dei forti, assieme a quieta temperanza.

perché la nottata passi senza troppi danni, e la disperazione non prenda sopravvento. ah, gianfranzo, non più velleitario uguccione ma cogitabondo dantès, e peggio ancora senza abate, resta nascosto, celato a questa bruttura, per non venir confuso con essa. e ricorda la luce delle stelle, ora che ogni luce si è spenta.

le microonde,
quel moderno ausilio
alla cottura.
stile di vita fatta
di fretta, senza tregua.

della serata,
perso il costrutto, solo
moto d'orgoglio.
scaldato il latte si
ripone, lui, fedele

compagno sazio
della sola corrente,
senza pretese.

quasi complice,
sommesso ma discreto,
di latitanza.

martedì 8 settembre 2009

soddisfazione, mediante stendipanni

si è felicemente conclusa la recherche (con il relativo tempo perduto) dello stendino, assieme al quale ho artatamente acquistato quel forno a microonde che mi permetterà di scaldare il latte. Alla serotonina in esso contenuto affido infatti la realizzazione di ogni mia velleitaria, residua istanza di felicità qui, nel pollaio denegato, prigioniero nel regno. Ma anche altrove, purtroppo.

terra straniera,
altre tristi serate.
Mio destino
coatto, me malgrado,
lontano dalla saggia

madre dei celti,
scordate le colline
fatate. Nuovo
pellegrino, ostaggio
di suolo sconsacrato.

reco fardello
di tormento, legato
da tantàlica sorte.

e ricomincio:
uno stendipanni, per
oggi mi basta.

torinemesi, il pollaio

sono felicemente giunto ad individuare congrua metafora per l'ontologia dello stolido headquarter cialtrobauda: esso è infatti trista reificazione manierista dell'ultimo pollaio di mio zio edoardo, quello con le galline ruspanti, i velleitari capponi, poche o nulle uova a raccolto, ma belle piante di more (spinate) ad ingannevole ornamento perimetrale. ve ne faccio omaggio, conscio che opporre scherno ad ingiuria, in mancanza di terrena giustizia, sia perlomeno consolatorio.

torinemesi:
nessun grave malanno,
ma epistàssi.
un leggero fastidio,
una noia che monta.

che bel pollaio,
pennuti d'ogni schiatta,
alte le strida.
per terra, guarda bene,
dopo tanta fatica,

dopo la stima,
la pianificazione,
duro lavoro.

eccone il frutto,
vanto di tanta scienza:
no, nessun uovo.

mercoledì 2 settembre 2009

due locali sul cortile interno

caro gianfranzo, se tutto quello che ti resta sono due fiorini, non correre a buttarne uno dalla finestra. soprattutto, guarda bene se per caso non ti riesce di estirpare le erbacce che invadono il tuo giardino; tanto il tempo non ti manca, adesso.

due locali,
finestre chiuse, scuri,
odore del tempo
passato attendendo
nuove storie, pazienti.

su dal cortile
i rumori d'onesta
fatica d'arte
povera, ma felice.
un lampo di musica.

qui resto solo
assieme ai miei pensieri
tristi compagni

di un percorso,
da scommessa precaria,
senza costrutto.

giovedì 6 agosto 2009

l'illusorio rilascio d'inizio agosto

un momento d'attenzione per il povero bardo, ostaggio di tanto malo volgo in terre ostili, orbato d'ogni dignità et speranza, fatto ottuso nel dover assistere, vittima espiatoria all'autoctona ottusità. la sua caduta è davvero reificata metafora di come la canna, che pure è stata pronta a piegarsi al vento, venga poi travolta poi dalla marea di guano che monta.

dopo due anni, nemmeno un patetico motore di ricerca che funzioni.

tanti rumori,
orchi beffardi, senza
provar vergogna.
promesse piemontesi,
di falsità guarnite.


come del fante
gallese, senza mercè,
al sacrificio,
porto il triste ruolo,
condivido la sorte.


non c'è speranza,
solo cupa mestizia,
sotto la mole.


di vergognosa
scuola di sudditanza,
bandiera stinta.

martedì 4 agosto 2009

la valle dei timbàles

mazzo di chiavi,
fantasia di nemesi
beffarda sorte.
un portoncino nuovo,
un vicino francese.


dai negozietti
il kit sopravvivenza:
lenzuola, spugne.
la lavatrice urla
suo nuovo cimento.


mia prigione,
la città denegata,
volgo negletto.


affiggo il poster
che chiama redenzione:
sì, rita hayworth.

lunedì 3 agosto 2009

la consegna del pacco

la nemesi sabauda inizia ad assumere sfumature davvero divertenti.

bagaglio perso,
tutte quelle pomate,
scarpe, mutande.
borsa floscia, ostaggio
d'aeroporto protervo.


calma, attendi
quel nastro pietoso ti
renda giustizia.
intanto il tempo passa
e la barca è scampata.


al largo, lieti
argonauti pazienti,
al cabotaggio.


attendono la
consegna del pacco, tra
matte risate.

venerdì 31 luglio 2009

inutile travaglio

alla fine, quando dopo esercizio di stoicismo hai raggiunto un atarassico distacco, allora, quando tutto sembra com'è realmente, vuoto, e nonostante questo restano sociali convenzioni - inutile travaglio - da onorare, il senso del nulla rivela tutto il suo grave contrappasso e tenta il rimpianto, la stolida letizia dell'essere inconscio nella matrice. per me chiedo un viaggio silenzioso, e un amico da salutare al ritorno, ma solo per confermarmi che esisto. o che una volta sono esistito.

triste risata,
alla mattina, specchio,
giudice muto.
l'immagine che vedo,
nemmeno poi la guardo.


automa stanco
riordino pensieri
resi sterili.
la gravità del nulla
ha tolto prospettiva.


così preparo,
solita transumanza,
un'altra tappa.


avanti, verso
l'inutile travaglio:
eccomi pronto.

martedì 21 luglio 2009

giamaica, ultima frontiera

prima della scrittura, le tradizioni raccontate dagli anziani erano tutto quello che si aveva per dare direzione, rotta e velocità alla propria miserabile esistenza.

troppo quel sole,
nel meriggio caldo fa
perdere senno.
una corsa sfrenata,
verso nessuna meta.


senza volontà
di comprensione, resta
solo dolore.
è dissidio feroce,
vuoto argomentare.


meglio sarebbe
lasciare la contesa
al suo destino.


e ricercare
altri paradisi: per
me, giamaica.