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lunedì 10 ottobre 2011

stupidario, a perdere

il conte sazzòne, accinto al sereno attraversamento della propria età di mezzo; oppone ancora moti degni di un hubrìs tardogiovanile, si ostina a descrivere il reale come dovrebbe divenire, anziché coglierne con contemplativo distacco l'insondabile buffo mistero.

basta così, l'attacco di sgalambritudine è insidia difficile da scampare, non vorrei mai reificarmene a patetico muciaccia.

parole, sciolte
sul palco idiota del
crasso teatro.
sintesi sottrattiva,
eristica mattanza

della ragione,
salto cacofonico
a osceno vuoto.
un lampo solitario
non rischiara la notte

e i viandanti
lo zaino, gli scarponi
rotti, e malconcio

senza speranza
fingono sicurezze:
certa finzione.

domenica 25 settembre 2011

invecchiando dietro la tenda

sono un po' stanchino di aspettare in sentinella che l'inverno della speranza venga risolto in tiepida estate - e non si sà bene per quale sole, per qual motivo dovrebbe capitarmi questa greca fortuna.

e nel frattempo accontentarsi di tirare la tenda, di restarsene accidioso a guardare.

descrivo un esterno che non mi appartiene fumettandolo un poco per trovarne una parvenza d'interesse, ma senza grande successo.

ignoro il fuori
mendacia senza tempo
dignità persa
di persona smarrita
di opere incompiute.

musiche sacre
ridotte a simulacro
grottesco, vuota
sciocca epifania di
costumi scellerati.

tiro la tenda
sperando basti questo
misero gesto

a farmi usbergo,
a darmene ragione,
trarne sollievo.


 

domenica 19 giugno 2011

ermeneutica del parapioggia

il meriggio domenicale è solo il poco risultato dell'ignavia settimanale regina di questo periodo, del tributo pagano alla statua della sonnolenza. mentre la pioggia, puntuale ma scomoda compagna, arriva a ricordare come un ombrello possa sempre fare comodo - prima o poi.

un sole pigro
dietro quelle nuvole
la triste assenza
il cauto disvelarsi
di poca autocoscienza.

voci lontane
perse in mormorii
sciocchi fastidi
d'umana compassione
di sociale presenza.

ancora pioggia
nel tardo pomeriggio
ancora quelle

goccie, venute
a monito severo:
serve l'ombrello.

venerdì 3 giugno 2011

fenomenologia di oracolo a perdere

penso che questa mia ultima diverrà col tempo una mia preferita - e temo anche di sapere il perché. e anche questa è una profezia.

vana cassandra,
irosa spettatrice
di stupidi, di
sciocche ignavie, di
pavidità e pastrocchi.

chiusa in casa,
le persiane sbarrate,
i pochi raggi
di luce ben esclusi
dalla resipiscenza

coltivi il folle
gioco dell'oracolo
sciolto dal reale.

e tutto il male
che ti viene in mente
porti da sola.

lunedì 13 dicembre 2010

il mito della caverna

la nota solo accennata del pavido mandolino, l'incerta rima del bardo celato. fermo nella postura, nell'atteggiamento di felice solipsista, di misantropo consapevole, di cassandra ferita. inizia così l'inverno dell'affanno del conte sazzòne, la lunga nottata, l'inutile separazione dall'estate e dal grato mare adriatico, sua metafora di finalismo esistenziale. ma ora è il momento del suo letargo intellettuale, delle convenzioni borghesi erette ad usbergo della propria grata solitudine, del proprio ricercato celarsi urlandolo ai quattro venti - ed ai propri venticinque lettori. cantate una canzone - ve ne sarà grato, a modo suo. spiacevolmente, quindi, e infatti.

cara caverna,
alata metafora:
neanche troppo.
fuori, si - me ne frego.
sia sonno, silenzio.

giunto l'inverno,
inutile tempo di
separazione
dalla fine richiesta,
marina perdizione.

suono pietoso,
sereno nel tornare
nènia bambina.

adesso vado:
non statemi a cercare,
solo, cantate.

sia ben chiaro, al conte - così come al proverbiale miliardo di cinesi - non ne importerà affatto.

l'ultima domenica d'autunno

continua questo autunno di revisionismo acritico, di direzioni non ben definite, di scettico traccheggio. l'inverno è a soli pochi giorni, ma la sua influenza è già importante - e questa perversa antergazione porta al sazzòne tutta la sua greve tara di tristezza.
sola, dalle nebbie che offuscano la sua già minata capacità di traversamento delle traversie, passa come vascello sfuggito alla tempesta, una canzone.
è questo l'unico modo di raggiungerlo, se ne vale la pena; il resto è solo silenzio, muto silenzio. miss the bus, miss the show.

grazie, amici.
domenica, un lampo,
è già finita.
le solite usanze.
il tempo saturnino

scappato fuori
dalla finestra, verso
il triste nulla
della disgregazione
dell'io, senso perso.

in attesa di
conoscere il finale
della commedia

risate molte,
scontato contrappasso:
poca allegria.

lunedì 29 novembre 2010

frecciarossa, caron dimonio

la capacità del conte sazzòne, in partenza per il denegato miglio
verde sabaudita, di sublimarne la sventura, avversa sorte e
sdegno, in eventi reificanti profezie di catarsi purificatrici
è davvero arte di postmoderno negromante.

e la mala civis, teatro dello spiacevole attentato alla di lui nobiltà
d'animo, che conosce e diffida e teme di questa sua valentitudine,
e sa che il riscatto ed il conseguente suo resipiscente epilogo non è lontano,
tenta di difendersi come di par suo - con tutta la sua pusillanime
albagìa degna di gens nana in civis nana.

in cosa la strategica mossa, ovvero il sotterfugio? nell'inscenar indegna
gazzarra fiorentina per arrestare il prode frecciarossa,
ambasciator che porta la pena di condurre il novello diogene
alla sua personale gujana con il favore delle tenebre,
ché il nostro non si accorga, nella notte nera, che tutto ciò
che appare nero finisca effetti in vacca. e che la forza stia con il toro.

ostaggio della sala d'aspetto, di cui fortunato possiede chiave dorata,
il sazzone consuma parco le vivande comuni, osserva pacato le
evoluzioni del piccione abusivo che, ostentando sicumera, passeggia e
svolazza alla bisogna quasi fosse un maneggione di seconda classe di
questo pudrido aziendalismo rococò di inizio millennio, intrattiene
finto adorabile e magniloquente gli astanti con l'inevitabile argomentare
dell'essere e del nulla.

del resto tutti questi fantasmi che accorrono perversi a popolarne
il cerchio per le due ore di attesa forzosa sono destinati a farsi
effimero ricordo non appena il rosso caròn dimonio si paleserà a portarlo
laggiù, per ostentarne il sacrificio - quasi icastico scongiuro,
modo icona di subitanea resipiscenza.

prode piccione,
razzoli nonscialante,
sala d'aspetto:
senza tessera oro
senz'alcuna misura.

sotto sequestro
inciampa 'l passeggiero
in trenitalia.
annunzio ritardo, ma
senza colpa, stavolta.

attesa vana
del fiero frecciarossa
mercurio divo

la studentaglia,
bloccato sul mugello,
danza sul totem.

domenica 28 novembre 2010

sotto il giogo di un mondo malato

inizio a non trovare più motivi sensati per questo comportamento, questo rifiuto di una quotidianità da sempre mal sopportata, questa ricerca di qualcosa che abbia senso, o almeno di una risata. il risultato è crisi, e riconoscere la vacuità di tutto questo. non lo so, intanto ne faccio paradigma: trionfo del buffone che disprezza quanto gli capita, ma non per questo non ne viene ferito.


passi prudenti,
sentiero nella notte:
devi vederlo.
sotto la luce della luna,
basterà, quella traccia.

intanto prova
a pensare succeda,
si possa fare.
metti da parte dubbi,
ogni altra paura.

vesti la giubba,
vivendo, nasconditi,
passa furtivo

sotto il giogo
di un mondo malato.
a testa alta.

domenica di novembre

queste belle domeniche di novembre, con la pioggia fredda che batte, una giornata che, accorciatasi fin dall'agosto felice, è ormai un vago ricordo che fugge tra due notti lunghe lunghe, foriere di incubi che il tempo che passa rende sempre più veri, sempre più incombenti.

quanto silenzio:
non parlo con nessuno,
troppa fatica.
la persiana socchiusa,
fuori, non m'interessa.

adesso, penso,
non sono soddisfatto
da questo stato.
tutti i ponti tagliati,
le navi incendiate.

non c'era niente,
nulla da conquistare,
molto s'è perso.

mentre la notte,
una volta lontana,
ecco, s'annuncia.

domenica 14 novembre 2010

la perseveranza perduta

niente può portare un cambiamento positivo, un rovesciamento di un inerzia contraria, un passaggio dal non funziona al funziona come la paziente e costante applicazione di uno sforzo sostenibile protratto nel tempo. questo ti insegnano, questo sta a te capirlo e farlo tuo. e quando lo smarrisci, sta a te ritrovarlo: tutto il resto non sono che sirene, degne coeve di un malevolo lucignolo molesto. saper trovare la strada nella notte è anche e soprattutto ritrovare e mantenere un'onesta perseveranza.

questo momento,
notte, che precedi un
domani tetro,
senza speranza, senza
nemmeno la fortuna

d'una canzone:
placebo, sollievo del
tempo che passa,
non pietoso trastullo
ma solida putrella.

manca, nel dubbio
della forza perduta,
quella serena

lenta, capace
ricerca di un senso:
perseveranza.

giovedì 28 ottobre 2010

le basse luci delle sere d'autunno

quando, la sera,
le luci sono basse,
la poca forza
di cercare ancora
una qualche speranza.

solita storia:
nelle vie di torino
poeta, da solo.
nessuno ti scamperà
l'autunno denegato.

meglio dormire,
fingersi avvento di
prossima morte

mentre, la fuori,
orchestra di titanic,
suonano i pazzi.

venerdì 1 ottobre 2010

pessimismi di mezza stagione

il conte sazzone ricade nei suoi adorati pessimismi di mezza stagione. tant'è. prima o poi finirà.

vado veloce
sciolte le negre vele,
disincantato.
il domani temuto,
nostalgico passato.

in una voce
di saggezza scordata
rotta nascosta.
in poche parole, ma
ben note, la speranza.

resto al largo
nascondo la vergogna
sotto l'aspetto

fiero, spavaldo.
parvenza di coraggio
del marinaio.

martedì 7 settembre 2010

fatica di vivere

una domanda:
passata la nottata
del muto dubbio,
nessuna traccia. resta
solo qualche timore,

qualche pavida
indecisione, quasi
fosse normale
questa resipiscenza
figlia della fortuna.

intanto, scossa
la polvere rossastra
della sterrata,

della volgare
fatica di vivere:
vieni, riposo.

lunedì 15 marzo 2010

oblio dei ricordi d'inverno

di questo inverno vorrei dimenticare il freddo, e le mondane noie, ed i tronfi vaniloquenti mestatori nel torbido che tanta tristezza portano al divenire altrimenti sereno dei giorni.

fine d'inverno,
qualche tono di luce:
tanta stanchezza.
mi risveglio, dal freddo
che non sempre conserva.

tutte le strane
fatiche, il nonsenso,
il tempo perso.
tanti gatti, le volpi,
cattivi consiglieri.

busti impagliati,
pappagalli, cose di
pessimo gusto

nella soffitta,
riporli, fare spazio,
dimenticarli.

martedì 16 febbraio 2010

irrilevanza da lunedi

il lunedì mattina di una domenica spesa nella perlustrazione enogastronomica è una metafora di svogliato crepuscolo della ragione, di accìdia assoluta, slegata da mondani affanni. una condizione perfetta per una corretta percezione di quello che importa davvero, l'entrare e uscire da quello stato di appagante microstordimento che è conseguenza dell'azione volontaria di orientamento dei propri neuroni verso un qualunque feticcio del pensato. adesso che galleggio senza peso nella carrozza popolata di spettri senza speranza mi è chiaro: e di tutto questo acume mi è sopra tutto amaro l'irrilevanza. emergo dal velo di maia, ma solo per accorgermi che non serve a nulla.

sembra quasi
dalla bruma gelata
vapore, nebbia
non saprei come dire.
emergo senza scopo

dalla campagna
madre suo malgrado
oppure bàlia
distratta, controvoglia,
intenta ad altre storie.

il mio passo
incerto e fuori ritmo
non disturbare

pavido spettro
di promesse mancate
di debolezze.

il marchese filippo mazzei portò la vite in virginia, e l'idea che gli uomini tutti fossero creati uguali con essa. certo, e dopo aver bevuto anche di più.


- obedience and protection are relative (l'ha detto hobbes, c'è da credergli)

lunedì 8 febbraio 2010

giovane profetico attendista

non sono molto contento del mio intorno professionale, diciamo che aspetto che passi: e ce ne vuole di pazienza.

un solo moto
di passi, piano piano,
uno, un altro.
la strada, nella notte,
sembra mostrarsi chiara.

non ho risposte,
nessun'altra certezza.
solo, vestito,
di pacato cunctator,
d'attesa speranzosa.

non mi metterò
a pararvi 'l burrone
siete avvisati.

come cassandra,
detto quel che mi sembra,
taccio deluso.

- obedience and protection are relative (l'ha detto hobbes, c'è da credergli)

martedì 2 febbraio 2010

cedola settimanale

pago la cedola settimanale al nonsenso che, come banco di nebbia in una fredda mattina d'inverno, è sceso sulla mia già non semplice esistenza di trovatore di strade nella notte e mi ha sorpreso e mi confonde. solo che la nebbia profuma, mentre qui si sente un lezzo di rivoltante servile conformismo che stordisce ed indigna. e la marea di assurdità quotidiane raggiunge e supera ogni presumibile livello di guardia.

tosto sazzone,
tra 'l cialtrobauda ed
il bucconita
galleggi, ma precario,
nel liquame che monta.

la vita rotta,
le cose tralasciate
il nulla, freddo
e senza senso, come
grave pietra tombale,

greve epitaffio.
tutta quest'eleganza
di onanista,

di consumato
ridi pagliaccio,
pavido sprechi.

che schifo questo liquame? pensate che io ci devo nuotare in mezzo.


- obedience and protection are relative (l'ha detto hobbes, c'è da credergli)

martedì 26 gennaio 2010

ipo trattino crisia

mia personale gujana, mio personalissimo castello d'if, mi accingo a ritrovarti, pessima compagnia, trista dejezione, culla di farisaica ignominia.
il treno mi scorta, malvolente passeggero, intrattenendomi di voci moleste e di patetici spuntini. adesso stacco il cervello - davvero qui non serve - sospendo l'amor proprio per non riconoscermi in questo degrado e vado in una metafora d'apnea emozionale ad affrontarne i nativi, e la loro autentica cifra malata di falsa cortesia.

altra discesa,
solita punizione:
ipo-crisia.
patetico sinedrio
a guisa di pollaio.

sulla carrozza,
stanco e senza presagio
di buona sorte,
assopisco. quieta
vittima consunta.

fingo pazienza
mentre fuori, nel buio
freddo malvagio,

morta è speranza
di buona fede, resta
falsa cortesia.

amico mio sincero, non temere per il tuo conte romita del divano.
il moderno veltro, epifànico dietro il suo schermo di wayfarer madreperlaceo, incombe:
severo e calmo nella sua temperata possanza.

e anche se la giustizia non è di questo mondo, almeno porterà l'agognato riscatto.

giovedì 24 dicembre 2009

un natale, buono

il vostro conte gianfranzo prende spunto dalle recenti vicissitudini e, nel porgere i migliori auguri per un santo natale ed un felice anno nuovo a tutti e venticinque i suoi lettori, tenta per questa occasione di sovrapesare temperanza sovra le altre virtù cardinali.

qualche parola
spesa come conforto,
verso speranza
di salvezza terrena,
verso resipiscenza

dalla grotta
il mistero diventa
dono reale.
Ad esempio di nuova,
vera palingenesi

occasione di
critica positiva,
di nuova forza

ma scevra d'hubris.
vinca temperanza: un
natale, buono.

domenica 20 dicembre 2009

quieto attraversamento

il conte sazzòne attraversa la diletta emila, e la romagna amazzonica, con la quieta temperanza, la forza dei forti che hanno faticosamente imparato ad attraversare le traversìe mantenendo l'occhio sereno. fino alla prossima puntata, almeno.


sembra, l'inverno,
esser sciolto d'affanno:
guarda, disgela.
il denegato esilio
finito, finalmente.

piana sofferta
il mantello nevoso
modo sipario.
splendido 'l terzo atto
gaia resipiscenza

ridi, pagliaccio;
benigna fortuna
per questa volta

mentre, sotteso
il basto quotidiano,
fiero sovvieni.


- obedience and protection are relative (l'ha detto hobbes, c'è da credergli)