martedì 18 marzo 2008

zero: in un freddo inverno


quest'anno l'inverno è stato parecchio triste.

ho iniziato a ragionare su cosa fosse giusto, su cosa non lo fosse, su cosa fosse necessario, su cosa fosse invece superfluo: non ho capito nulla.

poi, forse, la mia strada era quella di scrivere, per vedermi per intero.

erano due anni che non scrivevo più, e gli ultimi articoli per week.it non erano più nulla di sentito: in fondo l'information technology non mi interessava più, specie visto come la si pratica in contesti autodefinentesi d'eccellenza.

l'inverno del nostro affanno è fatto ora tiepida estate, grazie a questo bel sole (o figlio?) di york: avevo in testa la soluzione, mi mancava il problema. solo perchè non lo vedevo - non riuscivo a vedermi dal di fuori. dovevo riuscire a sdoppiarmi per starci dentro, per non soccombere al vacuo che vedevo incombente.

per fortuna gli haiku - due settimane per imparare a padroneggiarne la metrica: tre mesi per scriverne cinquecento, e non credere davvero di esserne capace fino al post numero quattrocentosettantacinque, e poi il rush finale di domenica scorsa.

chi è più vicino al problema è anche più vicino alla soluzione: visto che avevo in testa la soluzione, è evidente che il problema sono io. per un solipsista dovrebbe essere una verità di per sè evidente, poi: per fortuna sono scettico anche su questo.

ad ogni modo è quasi primavera, e questo mio caleidoscopio di sciocchezze è pronto per generare nuove interpretazioni: sotto la neve, pane. ogni volta che qualcuno vede la propria pena almeno momentaneamente alleviata leggendo una di queste mie, allora forse ho fatto qualcosa di buono.

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