lunedì 13 dicembre 2010

il mito della caverna

la nota solo accennata del pavido mandolino, l'incerta rima del bardo celato. fermo nella postura, nell'atteggiamento di felice solipsista, di misantropo consapevole, di cassandra ferita. inizia così l'inverno dell'affanno del conte sazzòne, la lunga nottata, l'inutile separazione dall'estate e dal grato mare adriatico, sua metafora di finalismo esistenziale. ma ora è il momento del suo letargo intellettuale, delle convenzioni borghesi erette ad usbergo della propria grata solitudine, del proprio ricercato celarsi urlandolo ai quattro venti - ed ai propri venticinque lettori. cantate una canzone - ve ne sarà grato, a modo suo. spiacevolmente, quindi, e infatti.

cara caverna,
alata metafora:
neanche troppo.
fuori, si - me ne frego.
sia sonno, silenzio.

giunto l'inverno,
inutile tempo di
separazione
dalla fine richiesta,
marina perdizione.

suono pietoso,
sereno nel tornare
nènia bambina.

adesso vado:
non statemi a cercare,
solo, cantate.

sia ben chiaro, al conte - così come al proverbiale miliardo di cinesi - non ne importerà affatto.

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