il conte sazzòne, turco di baffo ma non di costumi, alle prese con le inaspettate ma sapide vicenze degli spacciatori di quote commissionabili, risolve di par suo il problema del quotidiano nascondimento - ma paventando l'inesorabile autunno del proprio medioevo: misantropo, ramingo e resipiscente.
nella perduta
terra dei lusignani,
quei limoni
amara metafora
di nemesi dovuta
morta la rosa
dell'immaginifico
autunno, volto
alla ripetizione
d'estate mai vissuta
sciolte le ali
fatte di ambizione
senza sostanza
ecco, sazzòne,
guarda: la c'è l'inverno,
che sopravanza.
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